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No, il governo non è stato “massacrato”

No, il governo non è stato “massacrato”

Foto:Ansa.

L'Analisi

Il vittimismo di Giorgetti contro Bankitalia e Upb non si basa sui fatti, ma sui titoli diffusi dalla sinistra e dai giornali. Infatti, sulla politica fiscale sia la banca centrale che l'ufficio parlamentare dicono le stesse cose del ministro

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La destra è talmente convinta di avere tutte le istituzioni contro che pensa sia così anche quando non è assolutamente vero. Un esempio chiaro è il dibattito sulla legge di Bilancio a favore dei “ricchi” che si è scatenato dopo le audizioni di Istat, Banca d’Italia e Ufficio parlamentare di bilancio (Upb). La destra, che si è presentata al governo con l’obiettivo di spezzare l’“egemonia culturale” progressista, si dimostra totalmente prigioniera di una banale narrazione della sinistra. Solo così si spiega la reazione eccessiva e ingiustificata del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: “Siamo stati massacrati da coloro che hanno la possibilità di massacrare” ha detto con un po’ di vittimismo. “Se ricco è colui che guadagna 45 mila euro lordi all'anno, cioè poco più di 2 mila euro netti al mese, Istat, Banca d’Italia e Upb hanno una concezione della vita un po’...”.

L’aspetto singolare è che quelle audizioni descrivono la politica fiscale degli ultimi anni in maniera molto simile a quella del ministro. Mentre Giorgetti ha reagito alla versione diffusa dalla sinistra politica e mediatica.

Se i ministri del governo Meloni, e i partiti che lo sostengono, avessero commentato le audizioni reali e non quelle percepite, si sarebbero resi conto che non c’è stata una “stroncatura” della legge di Bilancio. In questo modo avrebbero non solo difeso il proprio operato, ma fatto un servizio all’opinione pubblica che invece è travolta da un dibattito distorto. “La manovra premia solo i ricchi”, “il governo fa poco sulle disuguaglianze”, “Istat, l’85 per cento delle risorse va alle famiglie più ricche”, “Bankitalia gela Meloni: giudizi negativo sull’Irpef”. Sono questi i binari su cui l’opposizione impostato il dibattito e su cui la destra ha risposto. Ma basta leggere bene i testi delle audizioni, che sono documenti molto più elaborati e complessi di un titolo o di una dichiarazione, per vedere che le cose stanno diversamente. E se il ministro dell’Economia avesse commentato quelle, anziché qualche titolo un po’ forzato, si sarebbe reso conto che la sua versione e quella degli organismi indipendenti coincidono.

C’è da auspicare che governo e partiti di opposizione non abbiano scoperto da Istat, Upb e Banca d’Italia che un taglio dell’aliquota marginale di uno scaglione intermedio favorisce in termini assoluti i redditi superiori: è una banale questione matematica. E questa era esattamente l’intenzione del governo Meloni. Giorgetti lo ha detto chiaramente nella sua audizione, spiegando la ragione di questo provvedimento che si inserisce in una strategia di legislatura che ha dato precedenza ai più poveri con il taglio del cuneo fiscale: “Per i redditi più bassi la compensazione ha più che coperto il fiscal drag fino a 35 mila euro. Quelli superiori qualche problema lo hanno avuto ed è il motivo per cui in modo selettivo siamo intervenuti esattamente sul ceto medio”.

E’ una descrizione di ciò che è accaduto che coincide perfettamente con quanto ha detto la Banca d’Italia: “Si può stimare che gli interventi disposti nel periodo 2022-25 abbiano più che compensato l’impatto negativo esercitato sui redditi delle famiglie dal drenaggio fiscale e dall’erosione dei trasferimenti”. Il riferimento è ai vari interventi fiscali, del governo Draghi ma soprattutto del governo Meloni, sull’Irpef e sulla decontribuzione fino a 35 mila euro di reddito. La Banca d’Italia conferma quanto detto da Giorgetti: il governo ha restituito a queste fasce di lavoratori più di quanto sottratto loro attraverso il drenaggio fiscale. Il contrario è avvenuto per i redditi superiori, dice sempre Palazzo Koch: “La differenza tra l’effetto delle misure di sostegno (rivolte principalmente ai redditi medio-bassi) e quelle del drenaggio fiscale e dell’erosione dei trasferimenti (che hanno inciso in modo più uniforme) è maggiore per i primi quattro quinti della distribuzione del reddito”. Ciò vuol dire che il 20 per cento “più ricco” della popolazione finora ha subito un aumento della pressione fiscale (attraverso il fiscal drag) e pertanto il taglio dell’Irpef previsto ora è una riparazione più che un “regalo ai ricchi”.

Analogamente l’Upb, analizzando gli effetti del fiscal drag e di tutti gli interventi fiscali nel periodo 2021-26 includendo la legge di Bilancio in discussione, afferma che gli interventi del governo hanno prodotto benefici per i contribuenti “prevalentemente concentrati nelle fasce di reddito basse e medie, con un’incidenza sul reddito che supera i 6 punti percentuali per i redditi più bassi”. La legge di Bilancio di quest’anno, invece, si concentra “sulle fasce medio-alte”, dice l’Upb, ma “il profilo complessivo rimane caratterizzato da riduzioni significativamente più elevate nelle fasce basse e medie”. Insomma, nell’insieme la politica economica del governo Meloni ha aumentato la progressività dell’Irpef e la sua capacità redistributiva: l’opposto di dell’accusa di aver “favorito i ricchi”. E anche in questa legge di Bilancio, pur tagliando le tasse al ceto medio-alto, “non comporta variazioni significative della disuguaglianza” dice Bankitalia.

Se anziché rincorrere la legittima narrazione politica delle opposizioni Giorgetti avesse commentato le reali audizioni della Banca d’Italia, dell’Istat e dell’Upb, non solo si sarebbe reso conto che il governo non è stato “massacrato” ma avrebbe potuto usare le parole e i numeri di queste istituzioni a sostegno della sua azione di politica economica. Sarebbe stata peraltro una versione più realistica di un ministro dell’Economia sotto assedio.

Non si comprende bene se a destra il vittimismo sia una deliberata strategia di comunicazione politica o la conseguenza di condizione di minorità psicologica.

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